L’etimologia della parola "bullo" è piuttosto controversa. C’è che la fa derivare dal tedesco medievale "buhle", che significa "amante, ganzo", c’è chi invece la fa derivare, sempre dal tedesco, dalla parola "bulle", cioè toro, un vocabolo che indicava, oltre che il bovino e proprio, anche un tipo di uomo violento, grosso, robusto, dal collo taurino, prepotente e attaccabrighe.
In ogni caso in epoca recente in Italia si sono affermati i termini bullo e bullismo, modellati sull’inglese bullying. La parola usata in Scandinavia e in altri paesi del nord Europa per riferirsi al bullismo è "mobbing". Il bullismo contemporaneo è un fenomeno assai complesso, che interessa prevalentemente il mondo giovanile, sia maschile che femminile, con una tendenza a manifestarsi nell’ambito scolastico, in un’età compresa tra i sette e i sedici anni.
Per bullismo si intendono tutte quelle azioni di sistematica prevaricazione e sopruso messe in atto da parte di un bambino/adolescente, definito "bullo" (o parte di un gruppo), nei confronti di un altro bambino/adolescente percepito come più debole, la vittima.
Si possono riconoscere diversi tipi di bullismo, che si dividono principalmente in bullismo diretto e bullismo indiretto.
Il bullismo diretto è caratterizzato da manifestazioni più aperte e visibili di prevaricazione nei confronti delle vittime e può essere sia di tipo fisico come colpi, pugni, calci e sia di tipo verbale come minacce ed offese.
Il bullismo indiretto, invece, è più nascosto e sottile, e per questo spesso più difficilmente rilevabile, gli esempi più frequenti sono l’esclusione dal gruppo e la diffusione di calunnie sui compagni.
Evidenziare questi due tipi di bullismo permette di rendere conto delle differenze legate alla variabile sesso, poiché, mentre nei maschi sembrano prevalere le prepotenze di tipo diretto, soprattutto quelle fisiche, sono le femmine a mettere in atto più spesso quelle di tipo indiretto.